Se non c’è strada dentro il cuore degli altri….
Pubblicato da Marcella De Carli
Di chi stiamo parlando?
Pubblicato da Marcella De Carli
“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano anche perché tengono lo stesso vestito per molte settimane.
Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi o petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti fra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare fra coloro che entrano nel nostro Paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali”.
“Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario.
Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”.
Da una relazione dell’Ispettorato per l’immigrazione del Congresso americano (ottobre 1912)
Se voi foste persone normali
Pubblicato da Marcella De Carli
Ringrazio Girolamo che mi ha girato queste parole
di Moni Ovadia
in “l’Unità” del 9 maggio 2009
Se foste un rom, quella di Salvini non vi apparirebbe come la sortita delirante di un imbecille da
ridicolizzare. Se foste un musulmano, o un africano, o comunque un uomo dalla pelle scura, il
pacchetto sicurezza non lo prendereste solo come l’ennesima sortita di un governo populista e
conservatore, eccessiva ma tutto sommato veniale. Se foste un lavoratore che guadagna il pane per sé e per i suoi figli su un’impalcatura, l’annacquamento delle leggi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro non lo dimentichereste il giorno dopo per occuparvi di altro. Se foste migrante, il rinvio verso la condanna a morte, la fame o la schiavitù, non provocherebbe solo il sussulto di
un’indignazione passeggera. Se foste ebreo sul serio, un politico xenofobo, razzista e malvagio fino alla ferocia non vi sembrerebbe qualcuno da lusingare solo perché si dichiara amico di Israele. Se foste un politico che ritiene il proprio impegno un servizio ai cittadini, fareste un’opposizione senza quartiere ad un governo autoritario, xenofobo, razzista, vigliacco e malvagio. Se foste un uomo di sinistra, di qualsiasi sinistra, non vi balocchereste con questioni di lana caprina od orgogli identitari di natura narcisistica e vi dedichereste anima e corpo a combattere le ingiustizie. Se foste veri cristiani, rifiutereste di vedere rappresentati i valori della famiglia da notori puttanieri pluridivorziati ingozzati e corrotti dalla peggior ipocrisia. Se foste italiani decenti, rifiutereste di vedere il vostro bel paese avvitarsi intorno al priapismo mentale impotente di un omino ridicolo gasato da un ego ipertrofico. Se foste padri, madri, nonne e nonni che hanno cura per la vita dei loro figli e nipoti, non vendereste il loro futuro in cambio dei trenta denari di promesse virtuali.
Se foste esseri umani degni di questo nome, avreste vergogna di tutto questo schifo.
Siamo già una società multietnica!
Pubblicato da Marcella De Carli
Sicuramente voglio continuare a pensare che l’Italia sia un Paese migliore, più civile, dei suoi governanti. Sicuramente la politica arriva dopo la società su tanti temi, in primis su cambiamenti epocali come quello che riguarda l’immigrazione. Dunque il nostro premier sostiene che noi non vogliamo una società multietnica…qualcuno gli dica che questa società c’è già da un po’ di tempo, per favore!
Siamo migliori dei nostri politici perchè viviamo la vita vera.
Io ho figli che andando nelle scuole pubbliche frequentano bambini di varie etnìe e questo comporta che anche le mamme si parlino. Ho una nuova conoscente, una mamma marocchina, che mi racconta un sacco di cose che io non so, per esempio che il Marocco tra i paesi arabi è uno di quelli in cui le donne sono più libere, che se lei tornasse a casa andrebbe a vivere a Casablanca perchè nel suo piccolo paesino si sentirebbe obbligata a portare il velo (ma ce la ricordiamo l’Italia di qualche decennio fa?), che le ragazze marocchine sono molto “aperte” e questo fa sì che la comunità egiziana, più chiusa, le giudichi….
Questa mamma ha una bambina poco più grande della mia e mi ha regalato dei vestiti per Francesca. Io, per esempio, non sapevo se nel mondo arabo si usa scambiarsi cose usate (benchè ne avessi date alla mia vicina Karima, non ho mai capito se la cosa la disturbava o no).
Ecco, cose piccole come queste, ma che fanno conoscenza e integrazione.
Mi piacerebbe che qualcuno mi raccontasse aneddoti su questo tema.
In sostegno di Veronica (e perchè)
Pubblicato da Marcella De Carli
Ecco, Sara mi ha girato questo bellissimo articolo di Vita Cosentino che racchiude esattamente il mio pensiero.
SIAMO TUTTE VELINE INGRATE
di Vita CosentinoFloris, il conduttore di Ballarò, aveva in mano un dispaccio Ansa, evidentemente appena arrivato, e con voce esitante e sommessa leggeva: “è un ciarpame senza pudore, tutto in nome del potere. Tutto a sostegno del divertimento dell’imperatore”. Parole di Veronica Lario, destinate a essere ripetute mille volte, che non sapeva bene come maneggiare, mentre veniva inquadrata la faccia irrigidita e imbarazzata di Alemanno. Diversamente, quelle parole produssero in me un immediato moto di approvazione. Ho pensato: “finalmente! Parole ben dette, quelle che ci volevano. Le sostengo in pieno.” “Forse perché sono una donna” mi sono detta.
Eppure no, il giorno dopo le reazioni femminili, erano sì di approvazione, ma tiepida e con molti distinguo. Per esempio le si rimproverava di essere offesa dai comportamenti privati del marito oppure ci si chiedeva cosa aspettasse a divorziare da un uomo simile (cosa che ora ha deciso di fare). Certo, le motivazioni che spingono all’agire sono tante e in parte ambigue, ma questo non può fuorviarci. In questi rivoli rischia di perdersi la pregnanza politica del gesto. Conta veramente che Veronica Lario si è esposta pubblicamente con parole che hanno prodotto un significativo spostamento. Infatti la discussione non riguarda principalmente se giovani e belle donne, laureate e plurilingui, possano o no fare politica a causa del loro passato da veline. Riguarda invece - e con le sue parole, lei l’ha messa al centro - la faccia tracotante e corruttrice del potere, da imperatore da basso impero che macina e usa tutto quello che gli capita sottomano: giovani donne colte, disposte a tutto per emergere, ridotte al rango di cortigiane e di comparse. Al centro è lo strapotere cinico e maschilista del premier.
Il giorno prima delle dichiarazioni di Veronica Lario, su questo punto aveva già aperto un conflitto Sofia Ventura, di area AN, docente di scienze politiche all’università di Bologna, sul periodico on line della Fondazione Fare Futuro. Nel suo articolo accusa la dirigenza del partito di far uso di bei corpi femminili “allo scopo di proiettare una (falsa) immagine di freschezza e di rinnovamento”. Pretende che i vertici del partito si ricordino che le donne “non sono gingilli da utilizzare come specchietti per le allodole, non sono nemmeno fragili esserini bisognosi di protezione da parte di generosi e paterni maschi, le donne sono, banalmente, persone”. Con le sue parole Sofia Ventura ha smascherato “l’operazione facce nuove” a cui tanto teneva il premier, e l’ha mostrata per quello che è: l’operazione più vecchia del mondo e che si pensava di non dover più vedere in tempi di libertà femminile.
Veronica Lario non ha agito da sola, ha appoggiato le accuse avanzate da alcune donne ex-AN, portandole all’affondo finale, che forse solo lei poteva fare, proprio perché la più coinvolta, anche umanamente. Ora che la politica novecentesca è a pezzi e avanza una politica “in soggettiva”, questo ha un forte peso: chi è più dentro la cosa, trova, spesso dal profondo di una ferita, le parole più oneste e necessarie per dire la realtà dal suo interno. È stato anche un gesto politico di grande efficacia, stante il dietrofront che ne è immediatamente seguito, con la caduta di parecchie candidature velinate.
Apprezzare fino in fondo, senza se e senza ma, le parole di Veronica Lario, per me ha anche il senso di fare argine, da donna, all’ondata misogina che ha afferrato parecchi maschi di fronte al suo gesto pubblico. Se è facile stigmatizzare il comportamento dei giornalisti di Libero che si sono scagliati contro di lei, distorcendo come di consueto la realtà, ma con una volgarità e un’acrimonia veramente inquietanti, che dire di alcuni conduttori di Radio Popolare che per lei mandavano in onda divertiti In pe’ di Iannacci? Anche Alessandro Robecchi c’è rimasto impigliato: ha un’idea buona - finalmente abbiamo il capo dell’opposizione: è Veronica Lario - ma la perde per strada, perché non resiste a quella punta di misoginia acida che gli fa tradurre e svilire tutte le sue parole, frase per frase, in termini di convenienza personale. (Manifesto 30-04-09)
Leggo su Repubblica (3-05-09) che Veronica Lario quando ha visto quelle sue foto su Libero ha capito di essere davvero “sola e minacciata” e che, a proposito della richiesta di divorzio, abbia detto alla figlia Barbara: “Sono molto preoccupata di ciò che potrà accadere, ma ho la libertà di andare avanti”. Ecco, io vorrei farle sapere che non è sola, ha il sostegno di innumerevoli donne come me. Cara Veronica, le tue parole rimarranno.