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G8 Genova 2001 - Onda 2008
Pubblicato da Marcella De Carli
Non c’ero a Genova il 20 luglio 2001. Nemmeno il 21. Non c’ero, non potevo, anche se il dubbio rispetto al fatto di andarci o meno mi era venuto. Provavo invidia per chi c’era, volevo fare parte anch’io di quel movimento bellissimo di persone diverse tra loro, giovani e anziani, laici e cattolici, tutti in strada per dire “vogliamo un mondo più giusto”. Ero incinta del mio primo bambino che sarebbe poi nato il 7 agosto. Però mi ricordo tutto bene, benissimo. Ricordo che all’inizio sembrava che il massimo della trasgressione fosse esporre le mutande dai balconi. Poi, a un certo punto, tutto è cambiato. Ricordo la notizia della morte di Carlo Giuliani, mentre ancora non si sapeva bene e si parlava di un ragazzo spagnolo, le interviste ai suoi genitori i giorni dopo. Ricordo il massacro alla scuola Diaz. Ricordo la mia frustrazione e la rabbia e la voglia di esserci. E ricordo la manifestazione a Milano: c’era un’aria pesante, davvero tesa, non mi era mai capitato di sentirmi così…in pericolo.
Oggi la sentenza su quella che è stata definita una “macelleria messicana” mi ha ributtato di colpo a quei giorni, alla sensazione di impotenza e di ingiustizia . Di vergogna per loro.
In questi giorni un nuovo movimento sta nascendo in Italia, è forte, intelligente e mobile: un’onda. Anche oggi persone “normali” che non hanno paura di chiedere di essere ascoltate: genitori, bambini, docenti, ricercatori, studenti, bidelli, segretari, dirigenti…tutto il mondo della scuola si sta muovendo e lo fa con allegria e creatività.
Purtroppo qualche giorno fa mi è riapparso un fantasma: il vecchio intoccabile Cossiga che incita al massacro. Mi sono arrabbiata ma ho provato anche un po’ di pena per quest’uomo, ormai anziano, che ha dentro di sè tanto odio. Oggi, che di figli ne ho tre e che sono una di quelle maestre (anche se non una ragazzina) che Cossiga vorrebbe picchiata dalle forze dell’ordine, pur rendendomi conto che l’Italia non è mai stata così lontana dal concetto di democrazia, incredibilmente sento di non avere più paura. Io non ho paura. Sono preoccupata, triste, arrabbiata ancora, ma non ho paura. Non ce l’hanno fatta con me.