Dagli una sberla! Più forte!!!
Pubblicato da Marcella De Carli
Scuola dell’infanzia. Fine giugno, i giochi sono tutti lavati e impacchettati. I bambini non sanno più a cosa giocare, disegnano con i residui di pennarelli lamentando la mancanza di molti colori per loro importantissimi “non c’è più il nero!” “il rosso è scarico…”. In questa scuola non possono nemmeno uscire fuori perchè ci sono stati avvistamenti di serpenti e nonostante l’impegno del Comune a sanare la situazione le insegnanti non si fidano. Non tutte almeno.
Così mi si chiede di tenerli tutti buoni davanti alla televisione mentre si finisce il riordino delle cosiddette “parti comuni”, cioè il salone, il dormitorio (stendo un velo pietoso sul termine e sul concetto), aula di psicomotricità etc etc. Mi rifiuto categoricamente di mettere i bambini di fronte al video anche a scuola e alla fine la spunto, portando in giardino le due classi delle maestre coraggiose che osano barattare il remoto rischio di incontrare un serpente con un intero anno scolastico passato al chiuso.
Ma poi fa caldo, davvero caldo, e ci sono zanzare, tantissime. Così finisce che la maggior parte del tempo la si passa in salone, dove i bambini corrono, si scontrano e si arrampicano su giochi di plastica; non esistono angoli attrezzati per giochi “tranquilli”.
In salone succede di tutto, dalle feste (tre in cinque giorni!) di compleanno delle insegnanti con torte esibite e non offerte ai bambini a scene come questa: due maestre chiacchierano tra loro quando un bambino grandicello si avvicina frignando (non piange, si lamenta), una delle due lo prende per mano stizzita e gli chiede di mostrargli il colpevole. Eccolo, avrà quattro anni. Con un colpo di genio educativo la collega mette i due bambini uno di fronte all’altro e dice all’offeso “dagli una sberla!”. Lui la guarda allibito ma lei glielo urla di nuovo “dagli una sberla!!!”. Il bambino offeso guarda il colpevole con gli occhi bassi e gli appoggia la mano sulla guancia. La maestra grida “più forte!”. E così parte lo schiaffone.
La storia di Bruna
Pubblicato da Marcella De Carli
Ho scoperto questa storia che credo valga la pena di essere diffusa.
Il corpo delle donne - 2
Pubblicato da Marcella De Carli
Ieri sera a Milano la sala della Camera del lavoro era strapiena, con persone sedute per terra e altre in piedi in fondo, per assistere alla proiezione del video “il corpo delle donne” e per partecipare al dibattito con i registi moderato da Assunta Sarlo.
Gli interventi hanno preso una piega che definirei politica, antropologica e sociologica. Interessante. Poco spazio è rimasto per affrontare quello che però io sento come una urgenza davvero reale, ovvero l’aspetto dis-educativo della televisione.
Ricordo che quindici anni fa in Università studiavo sui primi testi che analizzavano i danni della televisione sui bambini, ma se ripenso a “quella” televisione mi viene da ridere.
E’ utile che il documentario venga mostrato nelle scuole medie e superiori, ma, scusate, mi sembra che possa valere un po’ come il metadone dato ai tossici. Arrivati a dodici anni io credo che i ragazzi siano ormai assuefatti a certe immagini e a certi messaggi.
Vorrei anche che emergesse come il rischio sia più alto per i figli delle classi sociali più povere economicamente e culturalmente, dove è prassi che la televisione sia accesa durante il giorno come sottofondo (come dice una persona che conosco “mi fa compagnia….”). Gli autori testimoniano di come il materiale utilizzato per la realizzazione del video si riferisca solo alla fascia che va dal mattino alle otto di sera!
Qualcuno sceglie, come me, di supervisionare ciò che i figli vedono (per la maggior parte film in dvd), ma la televisione arriva loro comunque quando vanno a casa degli amici, dei nonni, dei vicini di casa…
Non è quindi un fatto privato ma sociale e come tale deve essere affrontato, se si pensa che nella scuola dell’infanzia ci sono educatrici, cresciute con questa televisione, che si complimentano con le bambine vestite da piccole seduttrici o che deridono bimbi che si approcciano a giochi da “femmine”.
Se, come diceva Maria Montessori, “il bambino è il padre (e la madre, n.d.r.) dell’uomo (donna) adulto che diventerà un giorno”, dovremmo fermarci a pensare a chi stiamo crescendo; piccole geishe e piccoli, violenti, conquistatori impotenti.
La libertà di essere schiave
Pubblicato da Marcella De Carli
Ho appena finito di guardare il video in cui una delle ragazze dei festini di Papi si racconta con candore e, quasi ignara del loro peso, lascia scivolare parole su parole tutta tesa a voler ridimensionare il suo ruolo e ad uscirne in qualche modo “pulita” agli occhi della gente.
Mi sento colta da un senso di profondo smarrimento verso questo mondo di uomini potenti, sfruttatori dall’aria bonaria, e insieme da un sentimento di umana solidarietà verso una giovane mamma di 23 anni, in difficoltà economiche che, cresciuta a televisioni del premier di questo provincialissimo Paese, nemmeno per un momento viene sfiorata dal dubbio della bontà di ciò a cui lei si è prestata. E’ lavoro, mi pagano, non ho fatto nulla di male. Era fidanzata, il tipo l’ha mollata, e lei allora è finita fare compagnia a Silvio, altrimenti quello che avrebbe desiderato più di qualunque altra cosa sarebbe stato fare “la mamma e la moglie”. Papi ne esce ai sui occhi come un simpatico benefattore mandato da Dio.
Io non so che cosa sia successo alle donne di questo nostro piccolo paesello, di certo mi pare che tutta la storia sia emblema di una falsa libertà realmente mai conquistata.
La scuola è finita
Pubblicato da Marcella De Carli
La scuola è finita. E con la fine dell’anno scopriamo la fine di un sacco di cose, soprattutto la fine dell’idea di una scuola democratica, per tutti, per chi va avanti e per chi resta indietro, per chi è avvantaggiato da risorse personali e familiari e per chi è affaccendato nella sopravvivenza.
Un ottimo resoconto lo trovate qui.